GEAPRESS – Per ora è una campagna nazionale volta a riformare l’attuale legislazione venatoria. Il pensiero, però, vola subito ad un nuovo referendum. Anzi, sentendo alcuni simpatizzanti, la via aperta sembra potersi indirizzare verso una nuova consultazione popolare.
La questione era stata affrontata da Maria Giovanna Devetag, segretario dell’associazione radicale antispecista “Parte in Causa” nel corso del Comitato Nazionale dei Radicali Italiani tenutosi a Roma lo scorso aprile. Un intervento lungo e appassionato che ha considerato vari aspetti dell’attività venatoria, quali la possibilità di potere cacciare nei terreni privati, il numero delle vittime, oltre che alla notevole incidenza di atti di bracconaggio che sarebbero perpetrati da persone munite di regolare licenza di caccia. Un capitolo particolare è stato poi riservato alla durata delle licenza di caccia, valida per sei anni ed a prescindere dall’età del cacciatore. Un raffronto, in tal senso, è stato fatto con le patenti di guida la cui durata diminuisce con l’aumentare dell’età.Dunque, con un comunicato diffuso ieri, i Radicali rilanciano: caccia il cacciatore.
Una campagna nazionale, riferisce la nota, a 24 anni dall’ultimo referendum anti caccia che, tengono a precisare, non è stato perso. Alle urne, infatti i cittadini italiani votarono in grande maggioranza contro la caccia. Il vero problema fu rappresentato dal mancato raggiungimento del quorum grazie ad una campagna astenzionista sposata anche da grandi partiti. Per la prima volta nella storia italiana non si raggiunse il quorum richiesto.Ad ogni modo i votanti che si recarono alle urne sul totale aventi diritto, fu di poco inferiore al 43%. Quasi il 93% di questi ultimi si espresse in favore del quesito referendario.Di certo, alla faccia del presunto ambientalismo venatorio, quel quorum non raggiunto colpì l’altro referendum abbinato. Si trattava di quello contro i pesticidi i cui risultati finali si attestaro su cifre di poco superiori a quelli dei due questiti anti caccia.
Fonte: Geapress