Ieri sera, 10 settembre, verso le 19.15 usciamo con l'amico e mentore D. per raggiungere l'altana che dà sul mio campo, quest'anno incolto e quindi trasformato in prato circondato dal bosco. Le uscite precedenti mi avevano scoraggiato ad uscire presto, per quando escono i caprioli: infatti attorno a quel campo girano solo due maschi classe 2, categoria che nel piano di abbattimento della nostra riserva è già stata completata a luglio (ne avevamo solo 4 per 16 cacciatori). Femmine e piccoli quest'anno non ne ho ancora visti, e quindi perché uscire già alle 17.30 - per ammirare il capriolo che abbaia sotto l'altana e non poter tirare? Ma torniamo al punto. Decidiamo quindi di rimanere ad aspettare finché si vede ancora qualcosa col binocolo, quando ormai l'occhio nudo non riesce più a penetrare l'oscurità. Qualche minuto prima delle 21, come tre fantasmi, compaiono sul campo una scrofa e due giovani, che crediamo classe 0 ed 1. Si fermano a 50 metri, "arano" un po'di terreno, e neanche il tempo di identificare e puntare il giovane che già si spostano al trotto un po'più vicino all'altana. "Non li vedo più" - spero che almeno D. col binocolo riesca a ritrovarli in fretta, perché ad occhio nudo non riesco a vedere neanche le sagome irsute. "Eccoli, sono ancora qui" - ma nel reticolo sono tutti e tre vicinissimi, le sagome si coprono una con l'altra. Dopo una decina di interminabili secondi, i giovani si discostano dalla madre di un paio di metri, ma rimangono sempre uno davanti all'altro. "Perché non spari?" sussurra D., che sicuramente si starà chiedendo se sono cieco o se mi trema il fucile. "Non posso, rischio di ferire entrambi." Rimango in punteria, sperando che uno dei due si sposti, ma la scrofa sembra intuire qualcosa, grugnisce, sbuffa, e i tre come sono venuti così se ne vanno, silenziosi come spettri, e ad un tratto il campo è deserto come prima. Altri interminabili secondi di silenzio. Pesanti come macigni, sento arrivare le parole di D. "Perché non hai sparato? Avevi tempo, erano fermi!". Come spiegare, in poche parole, che rischiavo di ferire malamente entrambi, sparando un po'alla cieca, e che poi avremmo dovuto chiamare il cane, che a sua volta avrebbe avuto l'ingrato compito di seguire due tracce al buio più completo? E se non li avessimo più ritrovati? "Non ho potuto" taglio corto e rimando le spiegazioni a più tardi. Col cuore pesante per la mancata occasione, decidiamo di aspettare ancora un po', non si sa mai. Ed infatti, insperatamente, dal bosco ricompare il terzetto, questa volta a 70 metri, e questa volta ben distanziato. Tempo qualche secondo, individuo il giovane, aspetto che si fermi un attimo, e già il bagliore rossastro mi acceca e tuona la Steyr-Mannlicher in .30-06. Scendiamo verso l'anschuss, sperando in un abbattimento pulito e di non aver sprecato anche questa seconda occasione. Troviamo l'animale a terra, avrà fatto forse solo una capriola; evidente il generoso foro d'uscita subito sotto la colonna vertebrale. La palla TTSX da 150 grani ha lavorato bene anche sul selvatico di 45kg scarsi, provocando una morte fulminea e relativamente pochi danni. Adesso le parole di D., accompagnate da un sincero sorrisone, suonano molto meglio: "Lovski blagor!"
Tutto questo conferma ancor più la mia convinzione che con un'arma in mano bisogna essere sempre cauti, e che, nel dubbio, sia sempre meglio non tirare. Ieri la fortuna ha girato a mio favore, ma anche se così non fosse stato, preferivo di gran lunga il piccolo rimorso di una occasione sprecata che il senso di colpa per due ferimenti. Waidmannsheil!