Al solito, non appena un orso viene ucciso o trovato morto, si urla all’emergenza (con quello
di cui alle recenti notizie di stampa, sono già tre nell’ultimo anno). Ma sono quasi quarant’anni che
l’Orso bruno marsicano è sotto emergenza! C’erano non meno di 100 orsi nei primi anni 70’ del
secolo scorso e tutti circoscritti nella zona del Parco Nazionale e suoi stretti circondari. Oggi ci sono
sì e no circa 50 orsi distribuiti dai Monti Sibillini a nord ai Monti del Matese a sud, dalla Majella ad
est, ai Monti Lucretili ad ovest. La causa principale di questo sbandamento? Quello che tutti gli
ambientalisti ritengono il toccasana per i Parchi: il turismo. Infatti è il turismo che ne ha disperso la
popolazione, ed al turismo si è poi aggiunto il calo praticamente improvviso delle coltivazioni
agricole sulle aree agrarie del Parco e fasce circostanti ed il calo della pastorizia. Ovvio che gli orsi
si allontanino sempre di più per cercare altrove ciò che un tempo trovano nelle loro montagne, e
dove il turismo li sta trasformando in tanti Yoghi con tutti i problemi conseguenti.
Che hanno fatto le autorità in tutti questi anni? Ricerche! Studi scientifici sulla ben nota
biologia di vita. Studi per sapere cose che in tutto il mondo sono da anni note e stranote, e che anche
per il Parco d’Abruzzo erano già note da decenni se non da sempre. Mancava il crisma scientifico.
Si sono spesi 12 milioni di euro per avere questo crisma (dichiarazione del quotidiano La
Repubblica), dei quali quasi un milione di Euro donati da una benemerita signora americana. Un
miliardo speso per poter dire che non di circa 50 orsi è formata la popolazione ma di soli 46
scientificamente contati (dichiarazione su La7). Come se 46 non fosse circa 50! Un milione di euro
per stabilire un’ovvietà! Ci si poteva comprare una intera montagna da riservare all’Orso con quei
soldi (questo avrebbero fatto gli americani, in una simile emergenza), o indennizzare i tanti tagli
boschivi che stanno devastando il Parco. Invece no, catture e ricatture, con tutti i rischi del caso
(anche l’ultimo trovato morto aveva il suo bel collare). E se appena un orso viene trovato morto
perché ucciso da cacciatori (o bracconieri) di cinghiali e cervi, eco la solita richiesta: ampliare il
Parco Nazionale! Dagli all’unico vero nemico dell’orso: la caccia! Ma se un orso viene ucciso da un
automobile, come si presuppone sia successo per quest’ultimo esemplare, allora nessuna enfasi sulla
vera ragione di questa morte. Allora silenzio sulle vere motivazioni per cui questi orsi si avvicinano
tanto ai paesi e alle strade fino ad addomesticarsi (altro fenomeno di nuova generazione!). E quando
si richiede un serio divieto a chi va a disturbare orsi per diletto o per fare business, non si ha il
coraggio di provvedimenti serie e severi. Sempre palliativi, divieti sulla carta, che con un semplice
ticket sono poi scavalcati. L’importante è mantenere attivo il business e dare addosso alla caccia.
Aspettiamoci presto la formalizzazione di tre richieste alle autorità per fermare l’eccidio:
ampliare il Parco Nazionale (il che significherebbe aumentarne i problemi connessi!), chiudere la
caccia in mezzo Abruzzo e Lazio e ... riprendere a fare ricerche (quelle ricerche che si spera invece
possano presto chiudersi per sempre, per cominciare a prendere provvedimenti concreti)!
Poi si parla di emergenza Orso. E nell’emergenza che si fa? L’hanno scorso si sono piantati
meli, sperando che di qui a trent’anni qualche orso resti per cibarsi di quei frutti. E intanto un’altra
Fondazione internazionale dovrà presto occuparsi di far seminare i terreni nelle zone esterne del
Parco dove l’ente sembra non avere facoltà di intervenire e dove gli orsi possano trovare quegli
alimenti di cui da millenni vanno alla ricerca, ma che secondo gli scienziati non sono indispensabili.