Salve a tutti....qual'è stato il vostro primo capo abbattuto???Raccontate l'episodio (mi piace sentire le storie dei più grandi).........io i tordi cacciando al passo........poi la quaglia e qualche domenica fa ho fatto le orecchie e la nuca ad un coniglio..........i cani scagnavano dentro il rovo (grazie alla stutura potevano muoversi benissimo)ad un tratto lontano dal rovo sbucca la pallina infuocata...Booooom,dietro...Booooom dietro.....Booooom sopra la testa (il coniglio si è leggermente fermato ma è ripartito e si è infilato nell cespuglio,com'è uscito di nuovo non lo potuto sparare ma ci ha pensato mio zio a punirlo =).........fine.....

P.S:i puntini nel momento in cui sparavo equivalgono ai secondi tra gli spari (gli ha contati mio zio).

Il mio primo capo abbattuto è stato un fagiano...Allora:era un mattina di inverno inoltrato ed era una della prime volte che andavo a caccia con mio papà,avevo sparato pochi colpi ai fagiani fino a quel momento e quei poschi non erano andati a segno!!
Ma quella mattina era la giornata giusta, cane in ferma noi ci avviciniamo e mio papà mi disse: lascialo andare un pò altrimenti lo distruggi
io gli risposi:si si tranquillo.
E nella testa mi ripevo lo devo lasciare andare, lo devo lasciare andare ma...al frullo del fagiano prontamente gli sparai la prima botta(a 4 metri di distanza), il fagiano cadde stracciato sul colpo ma era completamente distrutto!!!
L'emozione fa brutti scherzi...comunque poco male perchè dopo averne padellato qualcuno questo è stato il mio primo fagiano!!!

Il mio primo capo abbattuto è stato un fringuello.

Il mio primo fagiano è stato, purtroppo, un allevato che avevamo liberato per addestrare i cani (allora si poteva) In una valletta avevamo liberato 4 fagiani... il cane lavorava benissimo con ferme da foto... gli amici di mio papa' hanno acconsentito a farmi fare un tiro... però mi hanno piazzato dove, a loro avviso, non si sarebbe mai diretto il fagiano... e invece.. è salito verticale ... ha allargato le ali ha preso il vento ed è venuto come un treno nella mia direzione.. ho imbracciato (con le canne sempre al cielo) .. i simpaticoni si sono buttati tutti a terra!!! Però dopo il tiro perfetto (di c..o) e il fagiano che mi è caduto vicino ai piedi... sono tutti corsi a complimentarsi...
E' da quel giorno (avevo 15 anni) che per me la caccia è passione... non chiedetemi perchè ho aspettato tanto per prendere la licenza.. me lo chiedo anch'io!!!(forse perchè mi bastava accompagnare mio papa', forse sto cavolo di esame che mi mette un'ansia)...

Piccola selvaggina una starna il primo giorno di caccia con licenza in tasca,avevo sedici anni.
Grossa selvaggina un daino nell'ormai lontano 1989,e da li non ho più smesso,la febbre degli ungulati è una brutta malattia,inguaribile ma bellissima per le sensazioni che ti procura.
Waidmannsheil

Strano a dirsi,ma il primo coniglio per me non è quello cheio personalmente ho abbattuto,ma quello che mio padre ha abbattuto all'apertura del 1977 e avevo 10 anni.Ho visto tutta la scena dall'usta del cirneco fino all'imboccatura della tana,lo scagno del cirneco,il furetto messo nell'imboccatura,lo schizzo del coniglio all'uscita,lo sparo e mi sarei aspettato il cirneco che andasse fino al coniglio(cosi' me lo aveva descritto mio padre)...........e invece no,mio padre aveva legato il cirneco a un palo................"vacci tu a prenderlo"..........perentoria la voce di mio padre.Coincidenza sto per rientrare a casa proprio con mio padre(non guida piu'),siamo passati proprio da quel posto...............rientro a casa e vi scrivo......il tutto. 31-01-20010.Ciao da Nello.

P.S.31-01-2010.

Io tutti i conigli che ho sparato gli ho padellati apparte uno che gli ho tolto il pelo.......a uno lo sparato in una striscia pulita di 1metro e lo sparato a blocchista dentro il cespuglio ma i rami lo hanno riparato

il mio primo selvatico e stato un bel maschio di fagiano, (II° giorno di licenza che c...) faccio un 200 metri sparo ad una quaglia corro per andarla a recuperare e parte lei... una LEPRE una due tre fucilate ed e "stecchita" dopo circa mezzora sto camminando verso la macchina sono al telafono con mio padre per raccontargli il carniere parte una femmina di fagiano lascio andare il cell e.... il fucile è in sicura lo sblocco ma ormai è lontana che emozione una giornata cosi non mi è piu capita la fortuna del principiante........ saluti

il mio primo capo abbattuto è stato un tordo bottaccio a volo !!!! eravamo io e mio cugino, e quella mattina ricordo che ho sparato con un sovrapposto franchi falconet cal 12... feci un bel tiro a circa 25 metri...!!!!

inanzituttovoglio dire che mi fa piacere che ci sia unaltro 16enne che partecipa al forum oltre me . Il mio primo capo abbattuto è stato circa 9 anni fa avevo 6-7 anni quando per la prima volta mio padre mi porto a caccia (dietro le terre di casa mia) era una fredda mattina di inverno e aspettavamo le tortore che si posavano sulla pianta di noce..... dovevo abbatterle per forza da fermo perche non ce la facevo nemmeno a reggere il fucile (cal 12 automatico beretta mod. a 302) ad un tratto una di queste si ferma sulla pianta e....BOOM cade.... ma il vero primo tiro è stato a volo.... sapevo che cerano 2 tortore fisse che volavano da un pollaio di un vicino tdi terra appena mi avvicinavo.. cosi un giorno con la doppietta a cani esterni cal 20 di mio nonno, mi avvicino al pollaio sìsenza far rumore e lascio una pietra fra le tortore.... e appena si alzano di primo occhio ne miro una e..BOOOOOOM ricordo la scena come se fosse ora vidi 2 piume che si staccavano dalla tortora e lei che si giro in volo come una punta davanti ad un trapano e la vidi cadere senza vita.... un emozione che non si dimentica facilmente....

il mio primo giorno di caccia settembre '94,all'epoca si faceva ancora l'apertura a cairo montenotte(sv) mia madre e' originaria di li',quell'anno apriva una zona di rifugio chiusa da 7 anni,al mattino fu per me un incubo cacciatori ovunque,cani ovunque,non ci capivo niente,tanto che col mio setter di allora roby(baggio) feci incarnierare a altri due fagiani di covata e una lepre!!! io neanche una fucilata...al pomeriggio con mio papa',visto che la situazione si era un po' calmata decidemmo di battere qualche costa di tufo dove erano soliti stare due bei voli di pernici rosse,fui messo contro la mia volonta' a meta' costa per sparare all'eventuale branco in volo(tiri per me impossibili),mio papa' comincio' a salire e....dopo poco fischio' per avvisarmi che roby era in ferma,dal basso vedevo tutta la sua elegante guidata infine staccarsi 6 rosse di cui una venne presa di prima canna dal ''vecchio'' ,le altre 5 mi si avvicinavano come proiettili,buttai via i primi due colpi,fortunatamente prima di sparare anche il terzo una apri' le ali planando offrendomi un'occasione unica!!!!!LA MIA PRIMA ROSSA

Vale la lepre investita in auto?
Se sì, bene, ne ho due !!! e una fagianella con la Diana 25, sì sì avete letto bene! Nel giardino di casa, circa 39 anni fa... reato prescritto, mi auguro...
sam

Nel raccontare la storia della mia prima preda devo fare una doverosa premessa. Io abito in un paese di 300 anime sperso nella Langa piemontese. Io, e altri due ragazzi eravamo gli unici nati nel 1982. Io ero figlio di due cittadini, contrari alla caccia, venuti a vivere in campagna mentre gli altri due, futuri amici, figli di cacciatori. Ho conosciuto la caccia così, di contrabbando. Nel cortile della cascina di Davide sparando, con un Franchi calibro 20, per gioco a barattoli lanciati in aria e sentendo le storie di caccia del padre, e del nonno del mio amico. I miei dovettero mandar giù il boccone della caccia. Davide e Roberto erano gli unici bambini del paese e impedirmi di giocare con loro mi avrebbe isolato. La faccio breve. Nell'estate del 1993, avevamo 11 anni, eravamo dei provetti cacciatoti. Cacciatori che avevano sparato solo a delle lattine a qualche piattello lanciato a mano. I miei avevano, dopo grandi insistenze ceduto, mi avevano permesso di andare con Roberto, Davide e suo padre. Unica regola tassativa niente animali uccisi da noi piccoli. Mai. Assistemmo a stupende giornata, ma mai un colpo ad un selvatico.
In quell'estate giocavamo a cacciare tutto il giorno. Seguivamo le piste dei cinghiali. Portavamo il cucciolone di setter di Roberto a cercar fagiani e, verso sera, pedinavamo le lepri nelle vigne. Dopo settimane e settimane avevamo praticamente scoperto tutte le abitudini di un banchetto di cinghiali. Si andavano a godere il fresco, durante il giorno, in un roveto vicino ad un piccolo ruscellino. Praticamente li avvistavamo e osservavamo per ore, da giorni. Un pomeriggio Davide arrivò con una grande novità. Aveva trovato la chiave della fuciliera di suo padre. Lì cera una miniera d'oro di fucili. Tra questi un carabina marca ignota calibro 22 con un cannocchiale. Dopo un conciliabolo di ore stabilimmo che il modo migliore per non essere scoperti era usare proprio quell'arma perché, secondo noi, silenziosissima. Cominciammo a litigare su chi avrebbe dovuto sparare. Dopo discussioni feroci decidemmo di tirare a sorte e, udite udite, io fui il fortunato. Promosso “cecchino” dalla dea bendata. Andammo e ci avvicinammo come dei ghepardi. Ve lo assicuro strisciavamo, seguivamo il vento tutte quelle cose che rendevano il gioco ancor più bello. Questi, i cinghiali, dormivano beati in un roveto sul fianco scosceso, e all'ombra, di quel ruscellino. Erano lì, si doveva avere pazienza e presto o tardi sarebbero andati verso l'acqua a bere. Non ho idea di quanto tempo passo, ne ho un ricordo fanciullesco, ma alla fine un giovane uscì dalla lestra. Eravamo in una posizione ideale, sopraelevati sul fianco opposto di quella vallettina; nascosti da cespugli di ginestre. Tutti noi eravamo totalmente ignari di qualsiasi rudimento della caccia a palla. Tabula rasa. Non sapevamo nulla di traiettorie, alzi o robe simili. Anche dove mirare era un incognita. Ad un certo punto l'illuminazione. Nei film i cecchini sparano alla testa. Ed io, da buon cecchino in erba, feci altrettanto. La fortuna del principiante, la mano di un Santo, il destino, non so dirvi ma da 60 metri - misurammo anni dopo - cadde a terra fulminato. Io avevo mirato al cervello - mi viene ancora adesso da ridere -, tra l'orecchio e l'occhio. Presi in pieno l'occhio. Una festa. Facemmo un tale casino che tutto il branchetto, ancora acquattato tra i rovi, fuggi via come un lampo. Corremmo a casa per rimettere a posto il fucile. Eravamo così presi dal discutere, di quella cacciata, che non ci accorgemmo una volta entrati in casa di Davide, una stupenda ed immensa cascina spersa nella campagna piemontese, del padre di Davide pronto ad aspettarci, furibondo, vicino alla fuciliera. Non ci ha mai spiegato come - è morto da cinque o sei anni -, ma ci aveva scoperto. Vi lascio immaginare che pandemonio si scatenò. Tutti i nostri genitori, nessuno escluso, ci punirono severamente, ma si spartirono in parti uguali quel cinghialotto da 25 chili.
Non so dirvi se fu per la sgridata di allora o perché è una caccia che non mi appassiona troppo, ma quello fu uno dei solo due cinghiali uccisi, sin ora, nella mia vita.

il mio primo selvatico e' stata una lepre in collina coi segugi che gli filano dietro su' per una carraia dopo due padellate dietro alsedere di un paio di metri alla terza botta l'ho presa in un fianco e' morta dopo circa 15 metri di corsa.Un tiro abbastanza lungo ero con cacciatori piu' vecchi over 70 il fucile era un beretta 300 che uso ancora con canna da 61 cilindrica e cartuccia rottweil del 5, quelle fucilate che ti riescono poche volte! con gli anni a venire quel tipo di cartuccia insieme alle clever mi hanno sempre accompagnato specie su lepri.

Cianco ha scritto:

Nel raccontare la storia della mia prima preda devo fare una doverosa premessa. Io abito in un paese di 300 anime sperso nella Langa piemontese. Io, e altri due ragazzi eravamo gli unici nati nel 1982. Io ero figlio di due cittadini, contrari alla caccia, venuti a vivere in campagna mentre gli altri due, futuri amici, figli di cacciatori. Ho conosciuto la caccia così, di contrabbando. Nel cortile della cascina di Davide sparando, con un Franchi calibro 20, per gioco a barattoli lanciati in aria e sentendo le storie di caccia del padre, e del nonno del mio amico. I miei dovettero mandar giù il boccone della caccia. Davide e Roberto erano gli unici bambini del paese e impedirmi di giocare con loro mi avrebbe isolato. La faccio breve. Nell'estate del 1993, avevamo 11 anni, eravamo dei provetti cacciatoti. Cacciatori che avevano sparato solo a delle lattine a qualche piattello lanciato a mano. I miei avevano, dopo grandi insistenze ceduto, mi avevano permesso di andare con Roberto, Davide e suo padre. Unica regola tassativa niente animali uccisi da noi piccoli. Mai. Assistemmo a stupende giornata, ma mai un colpo ad un selvatico.
In quell'estate giocavamo a cacciare tutto il giorno. Seguivamo le piste dei cinghiali. Portavamo il cucciolone di setter di Roberto a cercar fagiani e, verso sera, pedinavamo le lepri nelle vigne. Dopo settimane e settimane avevamo praticamente scoperto tutte le abitudini di un banchetto di cinghiali. Si andavano a godere il fresco, durante il giorno, in un roveto vicino ad un piccolo ruscellino. Praticamente li avvistavamo e osservavamo per ore, da giorni. Un pomeriggio Davide arrivò con una grande novità. Aveva trovato la chiave della fuciliera di suo padre. Lì cera una miniera d'oro di fucili. Tra questi un carabina marca ignota calibro 22 con un cannocchiale. Dopo un conciliabolo di ore stabilimmo che il modo migliore per non essere scoperti era usare proprio quell'arma perché, secondo noi, silenziosissima. Cominciammo a litigare su chi avrebbe dovuto sparare. Dopo discussioni feroci decidemmo di tirare a sorte e, udite udite, io fui il fortunato. Promosso “cecchino” dalla dea bendata. Andammo e ci avvicinammo come dei ghepardi. Ve lo assicuro strisciavamo, seguivamo il vento tutte quelle cose che rendevano il gioco ancor più bello. Questi, i cinghiali, dormivano beati in un roveto sul fianco scosceso, e all'ombra, di quel ruscellino. Erano lì, si doveva avere pazienza e presto o tardi sarebbero andati verso l'acqua a bere. Non ho idea di quanto tempo passo, ne ho un ricordo fanciullesco, ma alla fine un giovane uscì dalla lestra. Eravamo in una posizione ideale, sopraelevati sul fianco opposto di quella vallettina; nascosti da cespugli di ginestre. Tutti noi eravamo totalmente ignari di qualsiasi rudimento della caccia a palla. Tabula rasa. Non sapevamo nulla di traiettorie, alzi o robe simili. Anche dove mirare era un incognita. Ad un certo punto l'illuminazione. Nei film i cecchini sparano alla testa. Ed io, da buon cecchino in erba, feci altrettanto. La fortuna del principiante, la mano di un Santo, il destino, non so dirvi ma da 60 metri - misurammo anni dopo - cadde a terra fulminato. Io avevo mirato al cervello - mi viene ancora adesso da ridere -, tra l'orecchio e l'occhio. Presi in pieno l'occhio. Una festa. Facemmo un tale casino che tutto il branchetto, ancora acquattato tra i rovi, fuggi via come un lampo. Corremmo a casa per rimettere a posto il fucile. Eravamo così presi dal discutere, di quella cacciata, che non ci accorgemmo una volta entrati in casa di Davide, una stupenda ed immensa cascina spersa nella campagna piemontese, del padre di Davide pronto ad aspettarci, furibondo, vicino alla fuciliera. Non ci ha mai spiegato come - è morto da cinque o sei anni -, ma ci aveva scoperto. Vi lascio immaginare che pandemonio si scatenò. Tutti i nostri genitori, nessuno escluso, ci punirono severamente, ma si spartirono in parti uguali quel cinghialotto da 25 chili.
Non so dirvi se fu per la sgridata di allora o perché è una caccia che non mi appassiona troppo, ma quello fu uno dei solo due cinghiali uccisi, sin ora, nella mia vita.

accidenti una storia avvicente, mi viene in mente il film 'il nemico alle porte', in cui il protagonista spara, da bambino ai lupi in mezzo alla neve, con un fucile moschetto 7'62 moisin nagant, (arma russa che possiedo con ottica), bella storia come poche

Si ma nel "Nemico alle porte" il protagonista non ha colpito il lupo.

Alle 7,15 il Maestro ed io scendiamo dalla macchina. Sono pieno di dubbi e incertezze, mi sento rallentato , forse è la paura di fare delle cazzate, di essermi dimenticato qualcosa, di non essere adeguato alla situazione. Mi sa che la tensione della mia prima giornata di caccia, che finalmente si concretizza, mi pesa più di quanto avessi previsto.
Sono felice e timoroso. Il Maestro mi aiuta nella compilazione del Tesserino, con la solita calma e bonomia, mentre Zagor, il suo setter affettuoso, ma dal carattere deciso, non vede l’ora del via.
Doppietta in spalla e su per la collina, il Maestro, alla mia sinistra, mi indica col braccio la distanza corretta da tenere. Andiamo verso sud-est, ormai c’è piena luce anche se il sole non si è ancora affacciato alla sommità del crinale. C’è un silenzio intenso. Avanziamo tranquillamente sull’erba ancora bagnata dalla rugiada. Zagor al via lascia il fianco del Maestro e si lancia in brevi corse rettilinee che improvvisamente s’arrestano, cambia direzione, si ferma, riparte in un rituale che sembra senza senso. Di colpo si arresta al limitare del bosco, alla ns sinistra e pianta deciso il muso nell’erba. Il Maestro dice che lì senz’altro hanno pasturato le Rosse ieri sera. Ascolto, affascinato al pensiero della brigata in pastura, ma anche un pò perplesso, “dove saranno andate” penso, mentre Zagor riparte nella sua instancabile danza.
Sento piacere per la camminata e penso che neppure un anno fa mai avrei immaginato tutto questo.
Stringo la doppietta, la sento leggera, ma forse la sto portando in giro per niente. Ma sì, cosa vuoi che prenda il primo giorno di caccia? A Pernici, per di più! Ma non sono quelle elusive che pedinano veloci e quando si alzano in volo vanno dritte e velocissime a nascondersi nel bosco? Ma perché non mi è riuscito di andare a caccia di lepri o fagiani nelle prime due giornate di caccia quando, come i miei compagni di corso mi hanno raccontato, i campi erano zeppi di selvaggina? Un bel fagiano dal volo lento e maestoso, quella sì che sarebbe stata un’occasione da facile soddisfazione per il primo giorno di caccia, vero? D’accordo che avere l’onore e il piacere di cacciare col Maestro è come essere sui banchi dell’Università, ma mi sento un po’ velleitario ad ambire alla Pernice alla mia primissima uscita.
Mentre mi attardo in questi pensieri un pò vigliacchi, il Maestro che mi stava alla sinistra, mi dice “Zagor in ferma! Lassù..” Guardo alla mia destra e vedo più in alto, sul limite del prato, Zagor di fronte a dei cespugli a ridosso di alcune querce che si stagliano nel cielo.
Su di corsa! Zagor tiene la ferma. Mi affanno mentre lo guardo “fermare” in un modo che mi pare inusuale: non è appiattito a terra, anzi è ben ritto sulle quattro zampe, la coda ferma, ma non tesa, sembra assolutamente rilassato e padrone della situazione. Si gira ripetutamente verso di noi che arranchiamo su per l’erba bagnata del pendio, ci guarda con un’aria come per dire “…e allora, vi muovete! Io, quello che dovevo fare, l’ho fatto. Sono qui, qualcuno si degna di venire a sparare oppure devo fare anche quello?”.
Arriviamo arriviamo…sì, col cavolo! Sarà stato il rumore dei passi di corsa o non so cosa, ma quando siamo ad una ventina di metri da Zagor, fru fru…fru fru…partono le Rosse in direzione opposta alla nostra. Saranno quattro o cinque che si perdono oltre gli alberi…una pare venire verso di me, imbraccio la doppietta mentre la Alectoris Rufa, manco mi avesse letto nel pensiero, piega decisa alla sua sinistra e si butta giù verso la discesa. Sparo col cuore in gola PAM PAM…eh sì…chi la vede più!
Padellata miseramente. Mi sento una merda!
Il Maestro mi dice che era lunga, ma mi pare solo un maldestro tentativo di consolarmi. Apro, tolgo le cartucce: Fiocchi in cartone, 8 in prima e 6 in seconda canna, che dovrebbero essere adatte alle mie strozzature 3 e 1…o no? Ho sbagliato il colpo, perché? Colpa della doppietta, delle cartucce, o solo mia che proprio non ci prendo…che palle! Tutti i dubbi del mondo si sono dati appuntamento nella mia testa!
Riprendiamo a camminare verso sud-ovest, dove pare si siano dirette le Rosse; scolliniamo, attraversiamo un prato pieno di biancospini carichi di bacche, “poi torno a prenderle per fare il Bargnolino”, penso,”almeno non sarò venuto fin qui per niente”.
Continuiamo a camminare, il sole è abbagliante, comincia a fare più caldo e sudo come una bestia. Ma mi piace, mi ricorda tanto la Scuola Militare Alpina: il sudore, il silenzio, gli scarponi, lucidi per la rugiada, che t’ingessano la caviglia. Chiacchieriamo sommessamente seguendo Zagor che continua su e giù, avanti e indietro, ma quanti polmoni ha sto cane?
Il giro continua verso ovest, poi giriamo verso nord-est. Prendiamo una pera da un pero selvatico. E’ squisita e dura, la gusto mentre attraversiamo un campo arato e il Maestro mi spiega i motivi della sua ferma contrarietà al beeper. Non finisce di stupirmi quest’Uomo con la U maiuscola! Il suo credo ferreo nella caccia antica, etica fatta di paziente ricerca, cane lungo, avvicinamento al selvatico, leale nel lasciare le possibilità di fuga alla preda. Che esempio incredibile!
Mentre rimugino sulle cose ascoltate usciamo dai solchi arati e ci troviamo alla sommità di un prato che scende alla ns sinistra. Sembra un campo di calcio circondato su tre lati dal bosco. Abbiamo il sole alle spalle e iniziamo a scendere lentamente. Zagor ci sopravanza in velocità e tra mille cambi di direzione e ripartenze sembra fare il verso ad un contropiede da brasiliano, fatto più di dribbling che di velocità, verso la porta avversaria. Lo vediamo arrivare fino al limitare opposto del bosco, nel mezzo del campo. Come un centravanti sulla linea di porta si blocca e guarda convinto dentro al bosco. “Ci siamo, ci siamo” mi dice il Maestro. Veloci e silenziosi ci posizioniamo: il Maestro al vertice sinistro dell’area di rigore, io a quello destro. Un po’ più avanti, in mezzo a noi e al limite del bosco Zagor che si gira a guardarci con il solito fare interrogativo e un po’ strafottente. Dopo una ventina di secondi il Maestro incita Zagor ad entrare nel bosco buio e fittissimo. L’ausiliare entra cauto e dopo poco si sente frullare…dove dove? Macché! Anche stavolta non si vedono, saranno andate ancora dalla parte opposta? Cosa faccio? Guardo il Maestro che avanza deciso verso il bosco, davanti mi trovo un muro di rami e decido di entrare a destra, come se uscissi in fallo laterale a pochi metri dalla bandierina, lì c’è un piccolo slargo tra due piante. Entro di un passo: è buio e pieno di mille rametti. Vedo Zagor nella penombra che mi corre incontro e in quel momento sento fru fru…FRU FRU… guardo in alto verso il rumore del frullo e vedo una sagoma alata, su in alto, tra mille rametti e l’azzurro del cielo! Sparo, il fru fru continua e sembra allontanarsi dietro di me alla mia destra, ad uscire dal bosco. Mi giro sul piede sinistro e sono mezzo fuori dal bosco…la vedo!
Ha superato le cime degli alberi sopra di me e punta al bosco di fronte! Sta volando attraverso il campo, la miro e sparo! Macché! Sto ancora tirando il primo grilletto, sposto il dito, ma è ormai al limite delle fronde degli alberi…PAM!
Le ali si fermano, reclina la testa e la traiettoria, prima tesa, si trasforma in una picchiata lenta verso il bosco.
Salto! Urlo: seconda canna! Non so perché, non so più cosa succede, non so cosa fare…il Maestro mi dice “fissa con lo sguardo il punto di caduta, ricarica e girati”. Eseguo come un automa, ma non capisco più niente! Sono emozionato, felice e soprattutto confuso. Penso al corso, ai quiz, all’esame, ai miei compagni di corso, a Voi amici del sito, a mia moglie e ai miei figli, alla Pernice che oggi è caduta.
Il Maestro mi dice che le altre sono andate, chiama Zagor e lo manda al riporto mentre c’incamminiamo verso il punto. Il bosco è intricatissimo, il Maestro mi dice “vado io”. Entra nella selva e ne esce subito dopo con Zagor al fianco e la Pernice in mano. L’accarezza per comporre le penne, la soppesa e me la porge con un sorriso. Mi dà la mano e mi abbraccia, si complimenta con me e mi pare sia più felice di me. Che persona meravigliosa!
Mi dice che è stata una splendida azione di caccia e un bel tiro. Non lo so, ma lui ha sparato? Glielo chiedo, lui, ovviamente nega, mi sa che morirò con questo dubbio, perché, tutto quanto è successo, mi sembra troppo!
WAIDMANNSHEIL
sam

Mizzica,dopo una giornata di sali e scendi mi sa proprio che te la sei meritata la rossa,

ma adesso non ci prendere troppo gusto

Il mio primo capo abbattuto è stato un colombaccio, il primo giorno di apertura del primo anno...me lo sono gustato, arrivava da lontano solo soletto, stranamente padellato da mio fratello è stato subito raggiunto dai miei pallini... ...cadde un pò lontanuccio, tra le erbacce, ma con la voglia pazzesca che avevo di recuperarlo riuscì a trovarlo...

Il mio primo capo è stata un allodola presa su una punta d'ala nel casertano vicino il campo di caccia il 9° stormo di Grazzanise era il giorno della sfilata dei tornado , tornai a casa contentissimo con la mia amica allodola la curai ,tornò in sesto e negli anni a seguire divenne la mia accompagnatrice personale , non essendo ancora in regolare possesso di porto d'armi ricordo che mi recavo nei campi con l'ape 50 del nonno ma al posto del fucile portavo la mia allodola e il mio piccolissimo cagnolino di nome Chicco.Sono passati la bellezza di 14 anni e ancora oggi quando penso ad allora alle persone che allora mi insegnarono la caccia mi viene un nodo in gola e i brividi

Siamo, all'incirca, all'anno 1973/74. Un paese, nel Salento, di circa 6000 anime, comprese le tre frazioni.
Mio padre cacciatore, come mio nonno, mi aveva già iniziato all'arte venatoria, con cartucce per una doppietta beretta cal. 20 mod.410. Cartucce depotenziate, ovviamente.
Dapprima sparavo da fermo, tordi, merli..
Mio padre aveva una bracchetta davvero brava ma io avevo un cocker, solamente affettuoso.
Un mio amico, più grande di me, mi propone uni scambio, cane/fucile.
Affare fatto. Senza che i miei sapessero, feci lo scambio: il cocker con un beretta monocanna cal.16.
Lo tenevo nascosto, in un sottoscala che faceva da cuccia per cane. Credo che si trattasse di una intercapedine dove una volta c'era il pollaio.
Un pomeriggio, prendo il fucile, lo metto in un sacco di iuta e con la bici mi dirigo verso la campagna poco distante dal Paese.
Con il fucile in mano mi sentivo il padrone del mondo.
Avevo fatto qualche tiro a tordi e merli, in volo e senza risultato.
Mentre costeggiavo un bosco, venni letteralmente avvolto da un volo di un selvatico. Frullo' in aria come un pallone e poi inizio' a volare davanti a me.
Imbraccia d'istinto il fucile e sparai. L'avevo colpito!!
Corsi a recuperarlo.. era una Beccaccia!!!!
E' stata la Beccaccia il primo selvatico che e' coincisa con una sfuriata di mi padre che si e' abbattuto letteralmente su di me ed a cui dovetti consegnare anche il fucile che restituì al mio amico.
Non l'ho mai scordato. Anche adesso, quando sono a beccacce, mi sovviene sempre.

Il mio primo selvatico è stata una tortora selvatica, il giorno dell'apertura , quando la caccia apriva ancora ad agosto.

Bisogna tornare anno 1977, era 15 agosto primo giorno di caccia prima licenza mi ricordo ancora come se fosse ieri , avevo come fucile una doppietta della beretta calibro 24 mi sentivo un leono dal fatto che potevo andare a caccia con la mia doppietta senza problemi e quella mattina prime due fucilate furono per una tordina. Flavio1961

ho iniziato ad andare a caccia a sei anni,facevo il cane(ovvero andavo a recupperare i capi)con il fu mio padre e il fu mio fratello.Grandi persone e grandi cacciatori.un giorno nel lontano 1954,di pomeriggio,seguivo mio fratello in una sua uscita.Ad un tratto su un ramo vidi un merlo mi fermai e dissi a mio fratello"guarda c'è un uccellaccio nero sul ramo" anche mio fratello si fermò.Si acquatto insieme a me,mentre il merlo stranamente non si muoveva.Da dietro il cespuglio dove eravamo seguivo i saltelli del merlo.Ad un tratto mio fratello mi mise davanti a lui e messo il fucile (il calibro 20 di mio padre)sulla mia spalla mi disse"mira come ti ho insegnato e spara.Io ti aiuto a tenere il fucile"Tutto teso presi l'arma tra le mani mi appoggia a mio fratello e con cura presi la mira.Bum, guardai e l'uccellaccio non c'era piu'.Mi girai e vidi sorridere mio fratelloe chiesi" cilecca eh"lui rispose serio"può darsima non è colpa tua si vede che non ti ho aiutato abbastanza.Pesa il fucile vero?"comunque andammo sotto l'albero a cercare la preda. Cerca e cerca ad un tratto come per magia la trovai."Gianni vieni è qui,l'ho trovato"Lui venne, mi guardò e sorrise mi disse:"Bravo ora non sei più un cagnoliuno sei un cacciatore vero,lo devo dire a papa".Tornammo a casa.Io tutto soddisfatto con la mia preda bene in vista miuo fratello con il sorriso sornione sempre sulle labbra.Quell'uccello mio padre lo fece imbalsamare e io lo conservo ancora.Però non ho mai capito se era quello che avevo sparato o era uno che mio fratello aveva sparato prima e ch portava nella cacciatora.Da quel giorno diventato cacciatore andai con lui mio padre ed un amico il Sig. Cecchi,Zio Mario per me,anche nel capanno e li con il flobert, aveva una canna lunga e sottile era leggero,ho sparato anche a qualche tordo di buttata e non ho mai più smesso di andare a caccia.Pensate ho avuto in infarto,abbastanza forte,ma nei trenta giorni di ospedale l'unica domanda che facevo ai medici era questa:"Ma dopo posso andare a caccia?".La stessa cosa ho fatto quando nel 1994 mioperarono per un trapianto valvolare,chiedevo al cardiochirirgo sempre la stessa cosa"Ma dopo starò bene?Allora potrò continuare ad andare a caccia?E' stata la molla che mi ha fatto superare tanti ostacoli e il ricordo della mia prima preda ancora ce l'ho nella fuciliera,vicino alle foto di mio padre e mio fratello.

Fantastico... Primo giorno di licenza, primo colpo, prima starna....